Flow: musicisti che entrano nel flusso

flow musicisti

Vi è mai capitato, suonando, di sentirvi così immersi nella musica e in quello che stavate facendo, da perdere la cognizione del tempo e di voi stessi?

Avete mai provato un intenso piacere unito alla sensazione che ogni fatica mentale o fisica svanisse, sostituita da un alto livello di concentrazione?

Se vi è capitato, probabilmente avete sperimentato quello che si chiama flusso, in inglese Flow. Questo stato mentale è comunemente provato dai musicisti, ed è stato studiato anche nello sport e in altre attività quotidiane, da quelle più comuni come lavare i piatti, ad altre come lavorare in ufficio.

Il flow è stato studiato da Mihaly Csikszentmihalyi, un famoso psicologo ungherese poi trasferitosi negli Stati Uniti e padre del filone della psicologia chiamato psicologia positiva. Il Flow ci dà gioia e soprattutto contribuisce al senso che diamo a ciò che facciamo. Non è solo una gioia momentanea, come quella indotta dall’uso di sostanze o dal vincere al Gratta&Vinci: è una gioia che ha a che fare con il senso che diamo alla vita, col sentirci connessi ad essa. Lo stato di Flow è un forte rinforzatore e ci motiva a migliorarci anche in presenza di ostacoli e difficoltà. Questo significa che possiamo esercitarci per ore a fare scale, perfezionarci sull’intonazione e sul timbro, ripetere esercizi o passaggi più e più volte perché siamo motivati da quella gioia e da quel senso di connessione che a volte sperimentiamo suonando o ascoltando musica.

 

Cosa succede nel cervello quando siamo in uno stato di Flow?

Per comprendere come avvicinarci al Flow, dobbiamo prima chiederci cosa succede nel cervello. Partiamo da alcune caratteristiche comuni che le persone riportano quando sono in uno stato di Flow:

  • assenza di pensieri (si spegne la radio interna che fa la telecronaca della nostra vita)
  • senso alterato del corpo (ci sentiamo leggeri o distaccati dal corpo)
  • senso di connessione (perdiamo il senso del sé e ci “fondiamo” con la musica, il mondo, entrando in una bolla dove anche il tempo non esiste più).

Questo accade perché il nostro cervello inizia funzionare in un modo diverso dal solito.

Iniziamo dal considerare che lo stato del cervello può essere descritto da:

  • lo stato di attivazione, che può essere distinto in stato di veglia attiva, di sonno profondo e di sonno REM;
  • la regolazione del flusso di stimoli in entrata e in uscita: quando siamo svegli di solito il cervello elabora informazioni dall’esterno, e quando siamo profondamente addormentati o sogniamo, taglia fuori il mondo e si focalizza sui suoi processi interni.
  • La modulazione che si basa sulla chimica del cervello. Tra i neurotrasmettitori che modulano l’attività del cervello, ci sono due processi neurochimici che ci interessano, quello aminergico e quello colinergico. I processi aminergici coinvolgono la serotonina e la norapinefrina che sono importanti per l’apprendimento e la memoria. Quando non sono presenti non riusciamo a memorizzare. I processi colinergici, mediati dall’acetilcolina, generalmente facilitano il comportamento e il movimento. La modulazione è la relazione tra la concentrazione di questi neurotrasmettitori e definisce se siamo svegli o se stiamo dormendo profondamente o sognando. Mentre sogniamo, i neurotrasmettitori aminergici sono molto bassi, mentre l’acetilcolina ha un livello molto alto, simile a quello in cui siamo svegli.

Quando entriamo in uno stato di Flow, a livello chimico succede qualcosa di simile a quando sogniamo, ma siamo in uno stato di veglia e il flusso di stimoli è interno. I neurotrasmettitori aminergici si abbassano e aumenta la concentrazione di acetilcolina. Affinché ciò avvenga il musicista ha bisogno di poter accedere in modo automatico al repertorio di movimenti necessari all’esecuzione, in modo da non dover utilizzare volontariamente il richiamo della memoria. Il Flow, infatti, è possibile solo quando non c’è bisogno dei neurotrasmettitori aminergici che mediano l’apprendimento e la memoria.

 

Un altro aspetto interessante sul Flow è che sembra rifletta la dominanza dell’emisfero destro sul sinistro. L’emisfero destro gioca un ruolo significativo nelle emozioni, mediando, ad esempio, il tono di voce con cui una frase viene detta. La musica ha a che fare con l’emisfero destro, capace di coordinare i processi emotivi con le forme e le strutture della musica. L’emisfero destro regola la concordanza tra i processi subcorticali e corticali legati al ritmo, l’armonia e la melodia, e tra i meccanismi emotivi del sistema limbico e i meccanismi percettivi e cognitivi della corteccia. L’emisfero destro soddisfa, attraverso la musica, i desideri del cuore e i bisogni di ordine della mente, consentendo al cervello di sincronizzarsi. L’attività neuronale del cervello durante lo stato di veglia si presenta come desincronizzata, mentre nello stato di Flow l’attività del cervello si sincronizza e i neuroni, nelle diverse aree del cervello, iniziano a danzare insieme. Da questo deriva il piacere e il senso di connessione, prospettiva e unione dello stato di Flow.

La dominanza dell’emisfero destro sul sinistro ha anche un ultimo effetto: si abbassa il volume dei nostri pensieri, mediati dall’emisfero sinistro, e possiamo dedicare tutta la nostra attenzione a quello che stiamo facendo, senza perdere risorse mentali a rispondere a quella vocina che ci dice “La prossima battuta la sbagli!” o “Stai suonando bene, vai avanti così!!”… e infiniti altri commenti che non fanno altro che distrarci.

 

Come avvicinarsi al Flow?

Affinché possiamo sperimentare uno stato di Flow,  l’attività a cui ci stiamo dedicando non deve essere né troppo facile, altrimenti diventa noiosa, né troppo difficile, altrimenti sperimenteremo ansia. Quando ciò che stiamo suonando rappresenta una sfida che percepiamo come adeguata al nostro livello, iniziamo a muovere il primo passo verso il Flow.

Il secondo passo per entrare nella magica bolla del Flow è avere chiaro l’obiettivo e dove focalizzare l’attenzione. L’attenzione è focalizzata per tracciare momento dopo momento la progressione verso l’obiettivo e può essere focalizzata su un aspetto tecnico, su una caratteristica del suono, su un movimento, sul ritmo, su un’immagine… Quando abbiamo chiaro l’obbiettivo e possiamo monitorare l’avanzamento di questo obiettivo, è probabile che entriamo nel flow.

 

Quindi, in base a quello che sappiamo dalla letteratura scientifica, per avvicinarsi al flow questi sono alcuni ingredienti fondamentali di cui dobbiamo tenere conto:

  • Repitita iuvant: poter fare a meno della memoria e degli sforzi cognitivi è alla base del Flow. Non è il brano in sé che ci fa entrare nel Flow, ma quanto lo conosciamo: dobbiamo padroneggiarlo senza sforzo, allora riusciremo a “entrarci”. Senza studio non c’è Flow. Questo però non significa che dovremo aspettare anni e anni per sperimentare il Flow: a volte si può raggiungere il Flow con gli esercizi di tecnica, come l’esecuzione delle scale, che esteticamente non sono “interessanti”, ma hanno tutti i requisiti per permetterci di entrare in quello stato particolare di focalizzazione e immersione: non richiedono l’accesso alla memoria, possiamo individuare un obiettivo e tenere traccia di come sta andando.
  • Essere stanchi: ebbene sì, quando siamo stanchi e il nostro cervello è a corto di neurotrasmettitori aminergici, è più probabile che entriamo in uno stato di Flow (a condizione che ci sia una solida base automatica di movimenti a sostenerci nell’esecuzione). Non è necessario essere stanchi per entrare nello stato di Flow, ma a volte aiuta!
  • Entrare in un’ottica di gioco: avere degli obiettivi alla nostra portata che scegliamo e sui quali abbiamo il controllo passo dopo passo, ci consente di entrare in quella bolla dove tutta la nostra attenzione è sul compito e il resto scompare.

 

Differenze individuali nello sperimentare il Flow

I musicisti vivono regolarmente esperienze di Flow, ma alcune caratteristiche di personalità e alcuni atteggiamenti mentali possono promuoverlo od ostacolarlo.

  • Ansia di tratto: l’ansia di tratto, diversa da quella di stato che è confinata ad episodi e momenti specifici, è un modo di rispondere agli eventi della quotidianità in cui è presente un alto livello di critica, giudizio e pessimismo. La persona con ansia di tratto ha scarsa fiducia in se stessa e può arrivare ad avere una vera e propria fobia sociale. L’ansia di tratto correla positivamente con l’ansia da performance musicale e ostacola il raggiungimento del Flow. Chi ha tratti di ansia di tratto fa fatica a lasciarsi andare, vale a dire a lasciare il controllo in mano all’emisfero destro, e rimane molto vigile e attento su un piano “linguistico”. In questo modo, come abbiamo visto prima, il cervello non può passare nello stato di coscienza tipico del Flow.
  • Intelligenza emotiva: le persone con alti livelli di intelligenza emotiva, vale a dire che sanno riconoscere, gestire e attribuire un significato alle loro esperienze emotive, hanno una maggior propensione al Flow. Questo è vero sia per i musicisti che per i non musicisti, ma per i musicisti questa risulta essere una componente ancora più importante per la performance: rispetto allo sportivo ad esempio, la performance musicale non può prescindere dall’espressione delle emozioni e, quindi, dalla capacità del musicista di tracciarle, esprimerle e provarle senza venirne sopraffatti.
  • Tenacia e Locus of control interno: le persone coraggiose e che approcciano la musica pensando di avere il controllo delle loro abilità, potendole sviluppare attraverso lo studio e la perseveranza, hanno più probabilità di entrare nello stato di Flow. Rimanere troppo ancorati all’idea di talento, di predisposizione o personalità “vincente” correla negativamente con il Flow e la soddisfazione legata all’esecuzione.

 

Ansia, intelligenza emotiva e tenacia unita al locus of control interno sono modi di rispondere alla vita mediati e influenzati da pensieri e abitudini mentali e, in quanto tali, possono essere modificati. Il cervello, infatti, è un organo altamente malleabile e modificabile, ma anche altamente sensibile a quei pensieri distruttivi che a volte si insinuano nella nostra mente mettendo il germe del dubbio che forse la strada che abbiamo scelto è sbagliata, che non ce la faremo o che non siamo abbastanza. Come si fa a smettere di annaffiare questi semi dannosi? Beh, esistono infiniti approcci psicologici, il mio è basato sulla mindfulness e sull’ACT, e a questo link potete leggere qualcosa in più sull’argomento.

 

 

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Approfondimenti

Flow. Psicologia dell’esperienza ottimale di Mihaly Csikszentmihalyi

Bloom, A. J., & Skutnick-Henley, P. (2005). Facilitating flow experiences among musicians. The American Music Teacher54(5), 24.

Rakei, A., Tan, J., & Bhattacharya, J. (2022). Flow in contemporary musicians: Individual differences in flow proneness, anxiety, and emotional intelligence. Plos one17(3), e0265936.

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