A(li)M(ent)ARSI: come e perché vincere le abbuffate

binge eating

Definizione e criteri diagnostici del Binge Eating Disorder

I disturbi del comportamento alimentare sono sempre più diffusi, soprattutto tra le giovanissime. Negli ultimi decenni si è parlato molto di anoressia, probabilmente a causa dell’evidenza e della grave compromissione fisica a cui può portare.

Tuttavia, lo spettro dei disturbi alimentari ufficialmente riconosciuti dal più recente DSM-5 è ben più vasto, andando ad includere anche disturbi meno o per nulla visibili dall’esterno. Il disturbo da alimentazione incontrollata o Binge Eating Disorder è uno di questi: indica una ripetuta tendenza a mangiare una quantità di cibo superiore alla norma in modo spesso vorace e indipendente dalla fame, fino a sentirsi spiacevolmente pieni.

Uno dei significati della parola binge è “peccato di gola incontrollato e spesso eccessivo”, ma è importante distinguere uno sporadico e goliardico peccato di gola in compagnia da un quadro di binge eating clinico. La prima e più importante discriminazione sta ovviamente nel disagio percepito dalla persona, condizione necessaria ma non sufficiente per parlare di binge eating. Riflettiamo insieme, dunque, sulle motivazioni che possono spingere qualcuno ad andare oltre al titolo di questo articolo e decidere di leggerlo per intero… si tratta di un comportamento o di un sentimento di disagio o malessere?

Se la risposta è sì, e se ti riconosci in gran parte delle caratteristiche seguenti, questo articolo potrebbe aiutarti ad acquisire consapevolezza e fare chiarezza, come primo passo per intraprendere, perché no, una nuova strada.

cos'è il binge eating

Le abbuffate

Sebbene eterogenee per tipo di cibo, frequenza e durata, tutte le abbuffate tipiche del Binge Eating Disorder hanno due caratteristiche in comune:

  1. il quantitativo di cibo assunto è percepito come eccessivo, significativamente superiore a quello che la maggior parte delle persone assumerebbe nello stesso arco di tempo e in circostanze simili;
  2. la sensazione di perdita di controllo durante questi episodi.

Ma vediamo nel dettaglio altre caratteristiche tipiche del Binge Eating Disorder (Fairbun, 2014):

  • Sensazioni: all’inizio cedere all’abbuffata può dare un senso di piacere e sollievo, che però gradualmente e inevitabilmente lascia il posto a un disgusto sempre più insopportabile.
  • Velocità: durante questi episodi la persona ingurgita qualsiasi cosa in modo veloce, vorace e meccanico, spesso bevendo molto per facilitare la discesa del cibo.
  • Agitazione: si è pervasi da un senso di agitazione, dapprima in una sorta di euforia, di cui poi rimangono soltanto l’irrequietezza e il senso di colpa. Spesso infatti le persone vagano senza meta nella stanza camminando avanti e indietro mentre mangiano. La sensazione non è quella di una semplice “voglia” ma piuttosto una “brama”, detta tecnicamente “craving”, che acquista tutte le caratteristiche di un’astinenza, portando la persona a cercare cibo in modo compulsivo, arrivando addirittura a rubarlo o assumere quello buttato.
  • Sensazione di alterazione della coscienza: i soggetti che soffrono di binge eating riportano uno stato “tipo trance”, facilitato dal fatto che spesso si distraggono con altre attività (solitamente dispositivi tecnologici passivi) per evitare di pensare a cosa sta succedendo.
  • Segretezza: normalmente si tende ben presto a ritirarsi in solitudine, silenzio e segreto per dare sfogo all’impulso di mangiare troppo. In primo luogo per evitare l’imbarazzo di fronte agli altri dato da una (parziale o totale) consapevolezza del problema; in secondo luogo, per ovviare eventuali ostacoli (il commento di un amico, l’imposizione di un genitore ecc.). La persona trova dunque più facile e sicuro ricorrere a sotterfugi e stratagemmi per garantire un’alimentazione apparentemente normale di fronte agli altri, e tornare in seguito a mangiare furtivamente gli avanzi, nascondere del cibo in bagno o in camera, oppure alzarsi per mangiare indisturbata durante la notte.
  • Perdita di controllo: questo aspetto è ciò che veramente distingue il binge eating da una “semplice” iperalimentazione. Alcuni avvertono la perdita di controllo ancora prima di iniziare a mangiare; altri riferiscono di perdere il contatto con la realtà gradualmente durante l’abbuffata; altri ancora soltanto quando realizzano di aver mangiato troppo. Si tratta di una sorta di “bolla” dai contorni sfumati, di cui successivamente si fatica a ricordarne i dettagli. L’evidenza clinica indica che questa sensazione tende ad affievolirsi a mano a mano che la persona smette di opporre resistenza all’episodio di abbuffata capendo che è diventato un meccanismo inevitabile (fino a quel momento).
  • Compulsione: l’impulso a continuare a mangiare è percepito come talmente primario da resistere anche ad interruzioni esterne; per esempio, se squilla il telefono, la persona potrebbe decidere di non rispondere pur di continuare a mangiare, oppure di rispondere frettolosamente per poter subito tornare ad abbuffarsi.

caratteristiche abbuffate

Quando, quanto e cosa?

Sono state identificate delle modalità tipiche del Binge Eating Disorder anche in termini di frequenza, durata, tipo e quantità di cibo assunto. Tuttavia, è importante sottolineare che tali criteri diagnostici possono passare in secondo piano rispetto alla questione principale, ovvero quanto queste abbuffate compromettano soggettivamente la qualità di vita dell’individuo, al di là della diagnosi puramente oggettiva. È per questo che è importante che sia sempre un professionista a formulare una diagnosi integrata e globale.

Frequenza e durata: tipicamente, gli episodi di abbuffata avvengono almeno una volta a settimana per 3 mesi o più. Durano in media due ore nel binge eating, il doppio della bulimia nervosa dove subentra presto l’urgenza di indursi il vomito compensatorio.

Qualità e quantità: la scelta del cibo (o dei cibi) protagonista dell’abbuffata ricade tipicamente su quegli alimenti che la persona normalmente cerca di evitare, perché percepiti come “cattivi”, “grassi”, “pericolosi”. Tale percezione, e la conseguente scelta, è inevitabilmente influenzata da fattori culturali come lo stile alimentare prevalente in quel dato periodo storico. Per esempio, di decennio in decennio e di continente in continente, cambiano le tendenze a rifuggire i carboidrati, eliminare i grassi, o demonizzare le calorie di per sé. Nella società occidentale intrisa di “diet mentality”, di conseguenza, i cibi che si scelgono durante un’abbuffata sono solitamente ad alto contenuto di grassi e calorie. Anzi, spesso, fungono anche da trigger o fattore di rischio. Ad ogni modo, ciò che caratterizza un’abbuffata in quanto tale non è tanto la qualità degli alimenti, quanto la quantità.

È stato stimato che un’abbuffata media apporti dalle 1.000 alle 2.000 kcal, andando spesso a coprire l’intero fabbisogno calorico giornaliero. Seppur in casi rari, studi epidemiologici riportano che l’introito possa arrivare fino a dieci volte il fabbisogno, raggiungendo le 15.000/20.000 kcal.

Non dimentichiamo però che l’aspetto più rilevante è la compromissione della qualità della vita e la percezione soggettiva di disagio. Infatti, le abbuffate possono anche essere solo soggettive rispetto agli standard della persona, e non tutti gli episodi si manifestano nella loro fase più acuta:

  • Abbuffata vera e propria: caratterizzata da gran parte degli elementi descritti come velocità, voracità, segretezza, perdita di controllo seguita da panico e schiacciante senso di colpa. Il momento di inizio appare totalmente inafferrabile ed incontrollabile, annullando lo spazio “potenziale” di scelta.
  • Semi-abbuffata: simile alla prima ma più rapida e frettolosa, spesso di nascosto a tarda notte. Durante questi episodi i pazienti riportano minore piacere ma anche minore ansia. L’automatismo qui risulta più interrompibile, lo spazio del potenziale si sta facendo strada.
  • Abbuffata al rallentatore: è il tipo di abbuffata col più ampio margine d’azione. La persona cede soltanto in seguito a dei tentativi di resistenza, che ad un occhio esperto indicano comunque un maggior potenziale di scelta. C’è una maggior presenza mentale, tale per cui si riescono a scegliere cibi che piacciono realmente e a prendersi del tempo per prepararli.

Vediamo un esempio reale di diario alimentare di una paziente che soffre di Binge Eating Disorder, ispirato dal libro “Vincere le abbuffate” di Fairbun:

diario binge aeting

La funzione delle abbuffate: che senso hanno?

Per chi sta leggendo senza averne mai sentito parlare prima, le abbuffate tipiche del Binge Eating Disorder possono sembrare un auto-sabotaggio inconcepibile e inesistente. Per chi invece si sta leggendo tra le righe, può essere confortante sapere che l’incubo che stanno vivendo è stato definito, ben inquadrato e in larga misura compreso e trattato. In entrambi i casi, sorge spontaneo domandarsi perché e come si inneschi questo meccanismo.

Qual è allora la funzione dell’abbuffata?

Anche se si rivela distruttiva nel lungo termine, l’abbuffata ha in realtà la funzione di donare sollievo nel breve termine ad uno stato emotivo spiacevole. Un modo, insomma, per risolvere una situazione di dolore con una di piacere.

È ormai assodato nella comunità scientifica e clinica che l’abbuffata emerge da una disregolazione emotiva, in cui il soggetto tenta di attenuare le emozioni negative attraverso il piacere del cibo (Gianini et al., 2013).

È evidente, però, che questo sollievo è solo nell’immediato e non è efficace nel lungo termine nel ripristinare l’equilibrio, anzi al contrario lo sbilancia ogni volta di più irrobustendo quella sensazione di bolla, di parentesi, in cui la persona si rifugia e si perde allo stesso tempo.

Si tratta di un vero e proprio circolo vizioso: come abbiamo detto, l’affettività negativa, cioè tutta quella serie di emozioni negative come rabbia, paura, tristezza, senso di colpa, nervosismo, o come anche il disprezzo e il disgusto per la propria forma fisica, cerca sollievo immediato nel cibo in un episodio di abbuffata. Appena passato il rapido sollievo istantaneo, però, subentra il senso di colpa per aver mangiato troppo, motivo per cui la persona decide di non mangiare o mangiare meno. In una condizione di restrizione alimentare, il nostro corpo e il nostro cervello cominciano ad avere fame, e questo da un lato aumenta la probabilità di incorrere in un’altra abbuffata, dall’altro alimenta l’affettività negativa stessa. Infatti, l’evidenza neuroscientifica dimostra che in condizioni di restrizione alimentare il nostro cervello rilascia meno serotonina e endorfine, i cosiddetti “ormoni della felicità”, rendendoci più irascibili e nervosi (Aravich et al., 1993; Jahng et al., 2007).

perché ci si abbuffa

Questo circolo vizioso di affettività negativa perpetrato nel tempo rischia di automatizzarsi e divenire la strategia di coping preferenziale della persona. Ed è proprio questo circolo che va spezzato e interrotto.

combattere il binge eating

Come fare dunque ad interrompere questo circolo vizioso di emozioni negative?

La chiave è il respiro. Uno strumento potentissimo per fermarci e interrompere il treno in corsa di pensieri ed emozioni negative. Vediamo insieme due esercizi sulla respirazione calmante

 Prenditi qualche minuto per te, ascolta e segui le indicazioni di questo esercizio di mindfulness del respiro>>

Dopo che hai sperimentato l’esercizio precedente, esplora le emozioni da un nuovo punto di vista con questo esercizio di mindfulness delle emozioni>>

  

Le cause del Binge Eating Disorder: chi è più a rischio?

Nonostante spesso in psicologia non sia immediato comprendere relazioni di causa-effetto univoche come avviene nella fisica o nella chimica, è fondamentale indagare perché questi disturbi trovino terreno fertile in una persona piuttosto che in un’altra, a parità di situazione (fattori predisponenti).

E viceversa, perché questi episodi si scatenino in una situazione piuttosto che in un’altra, nella stessa persona (fattori scatenanti).

Vediamo i principali fattori predisponenti (o fattori di rischio):

  1. Per quanto riguarda i fattori predisponenti, le persone più a rischio di Binge Eating Disorder sono quelle che tendono a sentirsi costantemente grasse. Attenzione: sentirsi grassi non equivale necessariamente ad essere grassi. Questa sensazione di per sé innesca una serie di emozioni negative che verosimilmente cercheranno consolazione in un’abbuffata.
  2. Un’altra conseguenza del sentirsi grassi però è anche la decisione di intraprendere una dieta. Non è raro infatti che le persone affette da Binge Eating mangino di prassi molto poco e/o in modo molto controllato, esasperando la pressione psicologica e fisiologica a mangiare, “come un fiume che rompe gli argini”. Ecco perché anche le persone a dieta (soprattutto se restrittiva) sono più a rischio di sviluppare un Binge Eating Disorder.

In realtà, il sentirsi grassi è spesso frutto di una scorretta interpretazione di un’emozione negativa (come la solitudine) o di una sensazione corporea (come il gonfiore).

  1. La ricerca ha dimostrato che il terreno più fertile verso il Binge Eating Disorder è concimato dalla combinazione tra scarsa fiducia in sé stessi e perfezionismo. Gli standard irrealistici di un perfezionista porteranno inevitabilmente ad un sentimento di insoddisfazione e frustrazione cronica, che alimentano e allo stesso tempo sono alimentate da una fiducia in sé stessi decostruita o mai costruita negli anni.

Passiamo ora ai fattori scatenanti (o esacerbanti):

  1. Per quanto riguarda i fattori scatenanti, qualsiasi persona che soffre di Binge Eating si sarà accorta che l’impulso e il rischio di cadere non sono sempre costanti. Come abbiamo visto, le emozioni negative costituiscono sempre il principale fattore di rischio, e, se sono molto intense, diventano un vero e proprio trigger. Le emozioni negative originali non vengono però risolte, bensì sovrastate da un generale senso di autocritica, colpa e vuoto.
  2. Di conseguenza, spesso basta infrangere la più minima regola alimentare per mandare tutto all’aria nell’ottica del “tanto ormai non ha più senso stare a dieta”. Così come basta il più minimo aumento di peso per mandare tutto all’aria nell’ottica del “se è così allora non ha senso stare a dieta”. Ecco come la minima infrazione alla dieta o il minimo aumento sulla bilancia costituiscono due importanti fattori scatenanti per un episodio di abbuffata. In questo caso, il Binge Eating Disorder è la risposta ad un senso di fallimento e frustrazione vissuti come intollerabili. Tanto più la regola e lo schema interiori sono rigidi, tanto più una minima infrazione spingerà a mollare tutto, a causa del pensiero dicotomico del “tutto-o-nulla”.
  3. Inoltre, numerosi fattori esterni possono influenzare la probabilità di perdere il controllo: gli alcolici che notoriamente inibiscono la capacità di giudizio, una routine non strutturata che favorisce la noia, una vita solitaria che non fornisce deterrenti sociali, o il periodo premestruale che altera temporaneamente il gonfiore, il peso e l’umore (Fairbun, 2014).

Se dunque il Binge Eating Disorder indossa lenti deformanti che alimentano uno sguardo autocritico, la cosa migliore da fare è procurarsi delle nuove lenti che riflettano uno sguardo compassionevole e amorevole verso sé stessi.

ferma la guerra esercizio

Ferma la guerra

Ascolta il file audio di questo esercizio>>

Prenditi un paio di minuti per lasciarti andare e iniziare a sentirti comodo nella posizione in cui sei seduto, assumendo una postura che sia sicura e ben poggiata per terra. Fai qualsiasi piccolo aggiustamento della tua posizione o della postura se ne senti il bisogno per essere a tuo agio. Ora lascia che i tuoi occhi si chiudano… Senza cambiare volutamente il ritmo del tuo respiro, inizia con gentilezza a portare l’attenzione al flusso del tuo respiro dentro e fuori dal tuo corpo… Ora porta una parte della tua attenzione alla pianta dei tuoi piedi… Poi, porta l’attenzione alla tua testa… E ora porta l’attenzione a tutto ciò che sta in mezzo… Ora riporta l’attenzione alla tua respirazione e semplicemente segui il respiro. Quando inspiri, riconosci che stai inspirando, e quando espiri, riconosci che stai espirando.

Inizia a visualizzare il tuo corpo, come se fossi davanti a uno specchio. Porta l’attenzione su ogni parte del tuo corpo dalla testa ai piedi. Prova a osservare la tua immagine per com’è, con curiosità, come se fossi un alieno venuto da un altro pianeta e per la prima volta vedesse il corpo di un essere umano. Nota le parti del tuo corpo dove ti è più facile portare un’attenzione curiosa, oggettiva, e quelle parti invece che suscitano in te critica, giudizio, vergogna, rabbia. Più che puoi, adotta un atteggiamento di disponibilità verso ogni esperienza che emerge dentro di te, rimani aperto e curioso.

Ora, porta la tua attenzione specialmente in quelle aree del corpo che ti provocano fastidio, vergogna o disprezzo. Porta una parte della tua attenzione alla lotta in atto dentro di te. Poi, prova a lasciare andare questa lotta fatta di pensieri e giudizi. Nota la tensione che è implicata nel giudicare il tuo corpo, nel lottare contro di esso, momento dopo momento. Quando incontri una parte del tuo corpo che innesca la lotta e il giudizio, apriti all’esperienza, soffermati gentilmente a guardarla e lascia andare la lotta, concentrandoti sul guardare quella parte con gentilezza e curiosità, per ciò che è, senza il filtro del tuo giudizio su di essa. Porta gentilmente l’attenzione al tuo respiro. Lascia che le tue sensazioni siano esattamente come sono in questo momento.

Ora, porta l’attenzione alle tue emozioni. Quali pensieri stanno scorrendo nella tua mente? Quali sensazioni si stanno muovendo nel tuo cuore? Porta un’attenzione aperta e accogliente specialmente a quelle emozioni contro cui di solito lotti. Più che puoi, prova tenerezza nei confronti di queste emozioni in questo momento. Riesci a trovare spazio per questi eventi nella tua testa e nel tuo cuore? Sei in grado di lasciare andare questa lotta, anche solo per questo preciso momento?

Ora riporta l’attenzione al flusso del tuo respiro, ai tuoi piedi poggiati a terra, alla tua posizione sulla sedia e alla tua schiena diritta e appoggiata. Quando inspiri, porta l’attenzione alle sfide della tua vita. Quali lotte stai continuando a combattere? Guarda se riesci a percepire la presenza di queste lotte. Se stai combattendo con il tuo corpo, diventa consapevole di questo. Se stai combattendo contro le tue emozioni, notalo in questo momento. Se ci sono pensieri che si intromettono, pensieri contro cui hai dichiarato guerra, porta una gentile attenzione a questi sforzi. Per un momento, senti il peso di tutte queste lotte e di queste battaglie. Da quanto tempo questi eserciti stanno combattendo dentro di te?

Intenerendoti nei confronti di questa esperienza, permetti a te stesso di portare un’attenzione aperta e compassionevole verso le tue sfide. Lascia andare queste battaglie. Quando espiri, prova a sentire una completa disponibilità ad essere esattamente ciò che sei, in questo posto, in questo momento. Ora, prova ad accettare tutte le cose che la vita ti ha dato e tutto ciò che tu hai dato alla tua vita. Non è forse arrivato il momento di fermare la guerra che hai dichiarato in te stesso? Prova di nuovo a scegliere di lasciare andare questa guerra. Con coraggio e impegno, prova ad accettare pienamente ciò che sei, proprio qui, proprio ora.

Ora porta parte della tua attenzione alla pianta dei tuoi piedi… Poi, porta parte della tua attenzione alla tua testa… E ora porta l’attenzione a tutto ciò che c’è in mezzo… Riportando l’attenzione alla respirazione, semplicemente segui il flusso del tuo respiro. Mentre inspiri, riconosci che stai inspirando. Quando espiri, riconosci che stai espirando.

Quando sei pronto, apri gli occhi, lascia andare questo esercizio e ricomincia la tua giornata.

Just start where you are.

PEMA CHÖDRÖN

scegliere cosa mangiare

L’impatto del Binge Eating Disorder sulla vita: il valore di un trattamento.

I protagonisti del Binge Eating Disorder sono sentimenti di paura, rabbia e disgusto, ben oltre un piccolo rimorso da compensare con una corsetta il giorno successivo. Spesso il sistema psicofisiologico risponde ad un episodio acuto attraverso l’insonnia e/o la distensione addominale.

Vediamo un estratto autobiografico di una paziente che soffre di Binge Eating Disorder:

“Dopo un’abbuffata provo paura e rabbia. La paura domina in larga parte come mi sento. Sono terrorizzata dal peso che prenderò. Provo rabbia verso me stessa per aver permesso che ciò accadesse. Le abbuffate mi fanno odiare me stessa. La parte più difficile dopo un’abbuffata è attendere che i suoi effetti si esauriscano. Odio sentirmi così inutile e incapace di fare alcunché. Talvolta mi sento come se potessi letteralmente sventrare il mio stomaco e rimuovere tutta la spazzatura che ho dentro; il disgusto e la repulsione sono immensi. Allontanata quest’idea, i lassativi sono il passo successivo.”

  • Quando il binge è ormai una strategia di coping assodata, risulta evidente che la persona pensa solo al cibo e parla solo di cibo. La testa è sempre lì, in un tiro alla fune costante tra “mangio” versus “non mangio”.
  • Alcuni si pesano continuamente, altri al contrario non si pesano mai. Alcuni si specchiano continuamente, altri non si specchiano mai. Queste sono in realtà due facce della stessa medaglia: l’evitamento della forma del corpo non è altro che la controparte del controllo della forma del corpo.

E così, alcuni si perdono nella visione distorta dallo specchio e dalla propria mente, amplificando i difetti più evidenti e scoprendo per forza anche quelli meno apparenti. Altri invece evitano di affrontare la propria immagine in tutti i modi, coprendosi lo stomaco, rifuggendo abiti attillati e fotografie, giornate al mare, rapporti sessuali e cene in compagnia.

  • Non sono infrequenti i confronti con gli altri, che mancano però di oggettività in quanto sussistono soltanto con persone e aspetti selezionati perché percepiti come migliori.
  • Senso di colpa, autocritica e disgusto verso sé stessi coltivano a lungo andare un atteggiamento irritabile, depresso e generalmente ansioso, andando a compromettere le relazioni e la vita sociale (Fairbun, 2014).

Qualsiasi sia il comportamento o il sentimento più invalidante, il risultato finale del Binge Eating Disorder è una netta riduzione della vitalità, dalla testa ai piedi, letteralmente. Al netto di tutte le emozioni e i comportamenti negativi che aggiunge alla vita, il peggio del Binge Eating sta dunque in ciò che toglie alla tua vita.

Ecco perché è importante intraprendere un trattamento: perché tutte le energie vitali sono assorbite dal pensiero del cibo, e non c’è più spazio per il bello della vita. Non c’è più spazio per la famiglia, la coppia, i figli, gli amici, gli hobbies, il lavoro, la spiritualità o la cura di te.

Prova allora a chiederti quali sono gli ambiti della tua vita a cui il Binge Eating Disorder ha rubato più spazio, quali quelli che senti più sacrificati, quali quelli che vorresti maggiormente recuperare e far rifiorire. Scrivili o tienili a mente: saranno la benzina del tuo percorso.

Sulla base di questi valori personali e soggettivi, possiamo ora passare all’azione, stilando una personale lista di obiettivi, partendo da quelli più raggiungibili, immediati e concreti.

Il tuo primo strumento: l’elenco degli obiettivi raggiungibili

Per iniziare, è necessario un insieme di obiettivi raggiungibili che non solo possano essere raggiunti, ma mantenuti. Sottolineo “raggiungibili” perché il tuo successo dipenderà da questo. Impostare le tue prospettive oltre la tua portata realistica porta inevitabilmente al fallimento. Probabilmente l’hai già sperimentato a sufficienza contando carboidrati, calorie o altre misure dietetiche. Stilare degli obiettivi raggiungibili è un po’ come scrivere un annuncio pubblicitario personale di una te più snella. Insomma non aspettare che sia il tuo obiettivo a venire a suonarti alla porta: stendigli tu per prima il tappetino di benvenuto.

Imposta obiettivi sia misurabili che non misurabili, con dei piccoli incrementi raggiungibili, così potrai riconoscere il traguardo e invitarlo a restare con te. Un obiettivo misurabile (pensa al peso corporeo) può essere osservato e quantificato. Un obiettivo non misurabile, come sentirsi più attraenti o energici, è ovviamente più difficile da quantificare. Per gli obiettivi misurabili, dovrai basarti su un’unità di misura oggettiva e a portata di mano. Se i chili persi e guadagnati hanno il potere di illuminare o distruggere la tua giornata, meglio scegliere una misura più neutra, come la circonferenza della vita o le dimensioni dei vestiti, o un’autovalutazione del tuo atteggiamento verso il tuo peso.

È importante a questo punto lasciar andare quei soliti obiettivi super-specifici, e piuttosto considerare degli intervalli più larghi come obiettivo. Consideriamo tre grandi categorie: “invidiabile”, “realistico”, “sopportabile”. Ecco, ora identifica il tuo peso ideale, la forma del tuo corpo che consideri invidiabile: è probabile che non sia così raggiungibile, vero? Ora reimposta la visualizzazione in modalità “realistica”, un numero raggiungibile senza vivere affamati o sfiniti. Meglio ancora, punta al “sopportabile”, forse il meno emozionante ma più raggiungibile delle tre categorie.

Immaginare un obiettivo “invidiabile” è un gioco da ragazzi. Indubbiamente è ciò che hai in mente da un po’ di tempo. Per determinare ciò che è “realistico” per te in questo momento, considera le misure che hai considerato nei precedenti tentativi di perdere peso, nonché le attuali raccomandazioni del Ministero della Salute, del tuo medico, del personal trainer. Può darsi che il tuo obiettivo “sopportabile” potrebbe essere un numero che in passato non avresti mai accettato. Ma date le condizioni attuali e il fatto che ciò che è sopportabile ora offre molti degli stessi benefici per la salute di ciò che è realistico, diventa più allettante. Ora puoi provare ad ampliare il tuo elenco di obiettivi misurabili aggiungendo benefici per la salute quantificabili, sia dal punto di vista fisico come frequenza cardiaca a riposo, misure di camminata o corsa, pressione sanguigna, livelli di glicemia e colesterolemia, che mentale come il livello di stress o la frequenza delle abbuffate.

Ora che ci siamo accertati della raggiungibilità e sostenibilità dei nostri obiettivi, proviamo a ragionare in termini di tempo. Pensa ancora ai tuoi obiettivi. Molto probabilmente ne hai pensati di molto generali come per esempio “sentirmi a mio agio con il mio corpo”, oppure “recuperare un rapporto sereno con il cibo”. E va benissimo. Ma pensa ora ad un obiettivo a più breve termine, per esempio realizzabile nel giro di 1 mese, come “fare una passeggiata quasi tutti i giorni”. Ora pensa ad un obiettivo ancora più a breve termine, realizzabile non più tardi di domani. Scrivili tutti in una tabella divisa in tre colonne: DOMANI – FRA UN MESE – FRA UN ANNO.

Ti aiuterà a mantenere chiare le tue motivazioni più ampie e profonde, ma anche a dare il calcio d’inizio al cambiamento, e a valutare i tuoi progressi durante il cammino.

mindful eating

Terapia e autoaiuto: come invertire la tendenza?

La chiave per disinnescare il meccanismo del Binge Eating Disorder sta nell’atteggiamento verso sé stessi. Può suonare come un concetto vago e retorico, ma il sintomo dell’abbuffata trova terreno fertile proprio nella scarsa autostima, scarsa autoindulgenza e scarsa accettazione di sé, soprattutto dal punto di vista fisico ed estetico. Al contrario, la compassione verso sé stessi è il farmaco più efficace che la scienza abbia fino ad ora scoperto. Nella letteratura internazionale ciò prende il nome di Self-compassion, andando ad includere:

– le pratiche mindfulness che invitano a porre l’attenzione alle proprie sensazioni ed emozioni senza ostinarsi ad evitarle o reprimerle;

– il senso di umanità comune, inteso come comprensione del dolore emotivo in quanto parte integrante della condizione umana in generale;

– la gentilezza verso sé stessi, ovvero uno sguardo amorevole e non giudicante, simile a quello che avremmo verso un amico.

La self-compassion ci invita ad amarci nei nostri punti di forza come in quelli di debolezza, a distinguere “l’aver preso una decisione sbagliata” dall’ “essere una persona sbagliata”, a integrare difetti ed errori nel proprio Sé senza eccedere nelle pretese, nell’auto-critica e nel perfezionismo. L’auto-compassione infatti aiuta a diminuire l’ansia, la depressione, la vergogna e, in questo contesto, la preoccupazione per il proprio aspetto fisico e per il cibo, il senso di colpa e le restrizioni alimentari.

Il passaggio dall’auto-punizione all’auto-compassione può essere allenato dalle tecniche mindfulness, che secondo numerose evidenze scientifiche sono in grado di migliorare notevolmente il benessere psicofisico, in termini di relazioni sociali, intelligenza emotiva e senso di soddisfazione. Esiste infatti un legame diretto fra self-compassion e mindfulness, dove se la prima è l’obiettivo, la seconda può essere considerata il mezzo per raggiungerlo. Secondo uno studio di Taylor et al. (2015), più una persona è comprensiva con sé stessa, più sarà motivata a prendersi cura di sé.

Per allenare la self-compassion a tavola, dunque, abbiamo bisogno di adattare la mindfulness all’alimentazione, ed è così che negli ultimi anni ha preso forma il concetto di Mindful Eating o Alimentazione Consapevole, l’effettiva controparte del Binge Eating o Alimentazione Incontrollata.

Tale pratica si propone di interrompere il circolo vizioso di pensieri ed emozioni spesso disfunzionali che precedono o accompagnano il pasto, invertendo la rotta dell’attenzione verso i cinque sensi e il momento presente. Questa tecnica ha una particolare rilevanza in caso di abbuffate ricorrenti, in quanto guida all’osservazione distaccata e lucida dei pensieri così come tali, bloccando l’escalation ansiogena che normalmente ne deriva e che si sfoga poi nella fame emotiva. Il rischio della ruminazione e delle catene di pensieri, infatti, è proprio quello di anestetizzare i sensi e creare una bolla di inconsapevolezza. Al contrario, ponendo l’attenzione sulle sensazioni fisiche che il cibo è capace di suscitare, la bolla si indebolisce fino a vaporizzarsi, lasciando spazio ad una maggior chiarezza e consapevolezza della propria effettiva fame e sazietà, una maggior comprensione e compassione di sé, ma soprattutto un potenziale di scelta consapevole in cui l’impulso ad abbuffarsi perde il suo automatismo e la sua cronicità. Nel fare ciò, l’approccio mindful sembra essere più efficace delle terapie dialettiche tradizionali (Katterman et al., 2014), e nonostante non abbia nulla a che vedere con una dieta in senso stretto, acquisisce ulteriore validità se associato a strategie comportamentali per un dimagrimento sano e duraturo.

Auto-compassione e alimentazione consapevole non vanno intesi come programmi a breve termine o mini-corsi temporanei, bensì come uno stile di vita globale, un cambio di paradigma nel guardare al cibo, al corpo e alla vita.

Se senti che molte delle frasi di questo articolo fanno risuonare qualcosa dentro di te, o se senti il desiderio di cambiare il tuo approccio al cibo, allora fermati, respira, accarezzati il corpo e la mente, e ricorda che questo è già un ottimo punto di partenza: la consapevolezza.

Ti propongo 3 grandi strade per combattere il Binge Eating Disorder:

  1. coltivare self-compassion e mindful eating
  2. perdere peso in modo sano e mantenerlo almeno il tempo necessario a stabilire abitudini alimentari sane
  3. chiedere aiuto professionale di tipo nutrizionale e psicologico

In questa terza parte potrai trovare alcuni esercizi (Fain, 2011) per iniziare con il primo punto…

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test binge eating

Il quiz sull’alimentazione consapevole di Jean Fain

Rispondi a questo quiz per capire quanto sei consapevole. Questo quiz è stato tradotto da Fain (2011), ma non costituisce uno strumento validato ai fini clinici. Può tuttavia essere di aiuto per una prima autoriflessione oggettiva sulla tua situazione di partenza.

Dopo aver praticato mindfulness per almeno una settimana (puoi trovare numerose pratiche anche nel nostro sito), rispondi di nuovo al quiz. Quando confronterai i tuoi punteggi, ti renderai conto che la consapevolezza fa la differenza nella tua concentrazione e nella tua capacità di seguire gli istinti più sani.

Rispondi considerando quanto spesso da 1 a 5 le seguenti dichiarazioni ti descrivano nell’ultima settimana, indicando per ogni affermazione: M=mai, R=raramente, V=a volte, S=spesso, Q=quasi sempre / sempre.

_ 1. Anche se mi godo il mio cibo preferito, smetto di mangiare quando sono piacevolmente pieno.

_ 2. Di fronte a uno snack enorme, tendo a mangiare troppo.

_ 3. Non mi interessa se la porzione maxi è una follia, ordino secondo la fame, non il prezzo.

_ 4. Caramelle, torta di compleanno… se ci sono, le mangio.

_ 5. Prima di prendere la forchetta, mi fermo per apprezzare il cibo sul mio piatto.

_ 6. Mangio così in fretta che a malapena assaporo quello che sto mangiando.

_ 7. Noto se lo chef ha esagerato con il sale.

_ 8. Se comincio a mangiare qualcosa, lo finirò anche se non è poi così buono.

_ 9. Anche se i popcorn del cinema hanno un odore allettante, li compro solo se ho veramente fame e in particolare ho voglia di qualcosa di salato e croccante.

_ 10. Se è l’ora del pasto, mangio anche se non ho neanche un minimo di fame.

_ 11. Noto l’effetto del cibo sul mio umore.

_ 12. Vorrei avere un miglior controllo di molte cose, in particolare della mia fame.

_ 13. Se scelgo di confortarmi con il cibo, è una scelta consapevole e pensata.

_ 14. Non appena il sentimento che odio di più si fa sentire, lo ricaccio giù con il cibo.

_ 15. Quando la mia attenzione vaga lontano dal mio piatto, la riporto indietro e la concentro sull’esperienza del pasto.

_ 16. Quando mangio, trovo almeno un’altra cosa da fare: leggere, guardare la TV, inviare messaggi.

_ 17. Quando mi siedo a tavola, metto da parte ciò che sto facendo e mi concentro sul pasto.

_ 18. Se noto che ho fame, cerco una distrazione per impedirmi di mangiare.

_ 19. Cerco di seguire una dieta nutriente, ma non mi proibisco nulla.

_ 20. Se ho mangiato troppo, cerco di evitare di pensarci, soprattutto evito i sentimenti e le sensazioni spiacevoli.

_ 21. In genere accetto il mio corpo, le mie imperfezioni e tutto il resto.

 

Valutazione:

Per le dichiarazioni dispari, assegna 1 punto per ciascuna M, 2 punti per ciascuna R, 3 punti per ciascuna V, 4 punti per ciascuna S e 5 punti per ciascuna Q.

Per le dichiarazioni pari, assegna 5 punti per ciascuna M, 4 punti per ciascuna R, 3 punti per ciascuna V, 2 punti per ciascuna S e 1 punto per ciascuna Q.

 

Riporta il tuo totale sulla riga seguente:

Punteggio totale: _____ Data: _____ / _____ / ____

esercizio mindful eating

 Esercizi di alimentazione consapevole

  1. Fotografia di salute

Ascolta il file audio di questo esercizio qui>>

Come diventare, incarnare, impersonare questa nuova visione di perdita di peso efficace e sostenibile?

La risposta è la più classica e la più tradizionale: pratica, pratica, pratica.

Mettiti comodo, prenditi un momento per aggiustare la posizione di collo e spalle. Porta l’attenzione al tuo respiro e lasciati portare da essi alla deriva, lasciati andare, ed entra in un ambiente accogliente, calmo e rilassante come se ti stessi crogiolando nel caldo sole di primavera dopo un lungo, freddo inverno. Ecco, immagina un caloroso benvenuto che ti accoglie. Ora rilassa i muscoli del viso in un’espressione pacifica. Senti un caldo rilassamento che scorre dolcemente lungo il collo e attraverso le spalle. Si diffonde attraverso il torace, facilitando la respirazione più silenziosamente, costantemente, senza intoppi. Inspira facilità, calma, pace, qualunque cosa di cui tu abbia bisogno, ed espira il resto. Ora il rilassamento scorre lungo la parte bassa della schiena e attraverso le gambe. Si diffonde verso i polpacci, giù per le caviglie e nei piedi. L’intero corpo si ammorbidisce nel rilassamento, nella calma, nella facilità.

Ora lascia che la tua mente vada avanti nel tempo, verso una data futura, un giorno in cui vedi chiaramente che il tuo binge eating è parte del passato. Immagina com’è svegliarsi sentendoti bene con te stesso e la tua vita. Per prima cosa, non sei più schiavo del cibo. Sei tu al comando, non il cibo. Ti senti energico, sicuro, comodo nella tua pelle e nei tuoi vestiti. Mentre guardi avanti a quel giorno, proietta questo nuovo te più sano a un pasto, qualsiasi pasto. Usa i tuoi sensi per impostare la scena, il tavolo. Guarda con curiosità com’è portare questa nuova energia, questo nuovo rispetto per il tuo corpo, a tavola. Nota la differenza, nei dettagli. Ci sono fiori sul tavolo? Sei solo o in compagnia? C’è la tua musica preferita che suona in sottofondo? Idealmente, ti saresti seduto a un pasto che hai ordinato pronto o preparato a partire da una varietà di cibi sani e freschi che promettono di essere buoni e nutrienti? Concentrati su tutto ciò che è diverso in te: la tua espressione, la postura, l’aspetto, il tuo atteggiamento verso il pasto, l’esperienza alimentare dal primo all’ultimo boccone. Osserva cosa vuol dire masticare lentamente, assaporare ogni morso, prenditi il tuo tempo per apprezzare il gusto, la consistenza, il colore. Così diverso dal modo in cui mangiavi prima. Ciò che emerge è che non ti chiedi più quando smettere di mangiare. Semplicemente, non appena noti di essere piacevolmente pieno, soddisfatto, nutrito, è naturale posare la forchetta e spostare la tua attenzione verso altre attività.

E ora, torna al presente …prendi 5 respiri profondi e lentamente ricomincia a muoverti, stiracchiati, sorridi.

Post-It: esercitati ogni giorno nel respirare consapevolmente, inspira ed espira. Ogni sessione di pratica costituisce un passo ulteriore verso il tuo ideale (reale) di salute. Avrai sempre più fiducia che il giorno in cui ti piace il modo in cui appari e senti arriverà, abbastanza presto. Sei tu la tua fotografia di salute.

Riflessione: cosa ti appare diverso quando provi un punto di vista più luminoso e fiducioso? Prendi nota di questa differenza nella tua mente, o ancora meglio, su un quaderno.

mangiare sano

  1. Meditazione alimentare

Lista della spesa

Prima di metterti comodo e concentrarti sul respiro, aspetta! Per fare questo esercizio, avrai prima bisogno di avere un elenco degli alimenti a rischio da classificare in base alla probabilità di abbuffartene. Probabilmente dovrai andare a fare la spesa. Sì esatto, ti sto chiedendo di ritardare la gratificazione, ma per una buona causa. Non ti stai solo preparando per questa meditazione, ma stai anche sviluppando una pianificazione sistematica senza paura, un approccio semplice e mirato alla consapevolezza alimentare. Praticare questa meditazione durante i pasti migliora la consapevolezza e l’apprezzamento dell’esperienza alimentare. Idealmente, potresti fare dei tuoi alimenti rischiosi elencati, l’oggetto di sei meditazioni sequenziali. Successivamente, potrai focalizzare la stessa consapevolezza durante i normali pasti fatti in casa e le cene al ristorante. O anche gli spuntini. Fai ciò che ti senti pronto, capace e disposto a fare, realisticamente.

Per iniziare, pratica le sei meditazioni sequenziali in sei distinte occasioni. Nella prima occasione, medita sul primo cibo. Nella seconda, ti concentrerai sul secondo. E avanti così, pratica dopo pratica, procederai con l’elenco fino al sesto. Non devi per forza fermarti a sei, anzi continua con la tua lista dei cibi rischiosi e continua a fare pratica con un oggetto alla volta finché non ti senti abbastanza sicuro da meditare su un pasto semplice. Se noti che un particolare elemento dell’elenco ti provoca ansia, cerca di ridurre l’ansia in anticipo. Prendi in considerazione una o più dei seguenti suggerimenti: esercitati quando non sei troppo affamato; compra una porzione singola; chiedi ad un amico di provarci insieme a te.

I numeri trasmettono sicurezza. Se non ti fidi di te stesso nel riuscire a tenere il cibo lì negli scaffali, comprane uno alla volta. Se emerge che non riesci a fermarti dal mangiare troppo uno di quei cibi rischiosi, prendi delle precauzioni immediate, e prova la pratica più tardi.

Questa meditazione non è una guida passo per passo, semplicemente ti si chiede di fare ciò che hai imparato a fare: presta delicatamente attenzione all’esperienza del cibo dall’inizio alla fine. In altre parole, non avere fretta di finire tutto quello che c’è da mangiare. Tieni a mente le istruzioni mentre ti siedi, mangia consapevolmente qualunque cosa tu stia mangiando, ma prenditi tutto il tempo che ti serve.

Prendi una posizione seduta comoda e qualche respiro calmante, concentrandoti sulla parola “facilità” mentre espiri. Per l’intera durata di ogni espirazione, ripeti in silenzio “facilità”. Mentre continui ad allungare l’espirazione e approfondire l’inspirazione, esegui tre scansioni rapide. Uno: scansiona il corpo per cercare la comodità, notando aree sempre più confortevoli. Due: scansiona la fame, notando la gamma di segnali fisici della fame da leggera a preponderante. Tre: ricerca la fame emotiva, alla ricerca di sentimenti che potrebbero alimentare la tua voglia di mangiare. Quindi aggiusta la tua percezione di conseguenza. Se ti senti fisicamente a disagio, mettiti più comodo. Se senti fame, ma non necessariamente di cibo, controlla con i tuoi sentimenti. C’è qualche adattamento emotivo che devi fare? Se sei affamato, veramente affamato, l’unica modifica rimasta da fare è spostare la tua attenzione al cibo davanti a te. Quando te la senti, inizia a mangiare consapevolmente, prestando particolare attenzione all’assaggiare. Se il gusto è piacevole, concediti il ​​piacere di mangiare. Degustare, gustare, assistere all’inevitabile diminuzione del gusto, l’eventuale aumento della soddisfazione delle vostre papille gustative, la pienezza di stomaco e altri segni distintivi di pienezza. Se ti accorgi di qualche pensiero, nota cosa stai pensando e ritorna a concentrarti sul mangiare. Se avverti uno stato emotivo, considera come ti senti, di cosa hai bisogno e se ne hai bisogno per continuare a mangiare. Se non sei sicuro, prendi qualche altro morso e rivaluta. Se continua a risultare naturale, continua a mangiare, sempre attento all’esperienza interna che stai vivendo e ai segnali globali di pienezza: un senso di benessere, relax, facilità. Quando hai fatto il pieno, fai un respiro rinfrescante e prenditi un momento tranquillo per riflettere sulla tua esperienza culinaria prima di rilassarti qualunque cosa venga dopo.

Il proverbio dice “La pratica rende perfetti”, ma l’obiettivo dell’alimentazione consapevole non è chiaramente la perfezione. Puoi mirare alla perfezione – ad assaporare ogni singolo boccone – a patto che lavori anche sull’accettazione accogliente dell’imperfezione.

Sei umano, non dimenticare. Gli umani spesso dimenticano il confine. Andrà sicuramente meglio scegliendo un obiettivo realistico, come portare un’attenzione consapevole a buona parte dei bocconi di buona parte dei pasti. Andrà sicuramente meglio con un atteggiamento auto-compassionevole indipendentemente da come riuscirai a mangiare. Andrà sicuramente meglio con un piccolo obiettivo a breve termine, impegnandoti per qualche settimana a respirare quando respiri, assaporare quando assaggi, masticare quando mastichi, notare ciò che noti.

A quel punto ripeti il ​​quiz. Il tuo nuovo punteggio ti aiuterà a riscoprire due semplici verità sulla pratica della consapevolezza: non devi essere perfetto, e non devi allenarti per tutta la vita per cambiare in meglio.

 

Giulia Lorenzon e Laura Casetta

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Bibliografia:

Aravich P.F., Rieg T.S., Lauterio T.J., Doerries L.E. (1993). β-endorphin and dynorphin abnormalities in rats subjected to exercise and restricted feeding: relationship to anorexia nervosa? Brain Research, Volume 622, Issues 1–2. https://doi.org/10.1016/0006-8993(93)90794-N.

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