La sofferenza insita in ognuno di noi talvolta ci porta a desiderare un aiuto esterno per poter affrontare meglio la vita e le emozioni che la costellano. Nel mondo psy, le figure che si occupano di prendersi cura di queste persone sono molteplici ma in questa sede ne prenderemo in considerazione una in particolare: lo psicoterapeuta. Al fine di descrivere chi sia costui lo discriminiamo da due altre figure che a questa si accostano ovvero lo psicologo e lo psichiatra.
Lo psicologo è colui che prendendo in carico la persona è in grado di offrire supporto, diagnosi della psicopatologia e accoglienza empatica delle problematiche portate. Alle sue spalle ha 5 anni di Università, un anno di tirocinio post-lauream ed è regolarmente iscritto, dopo aver superato l’esame d’abilitazione, ad un albo regionale degli psicologi.
Lo psichiatra è un medico che comprendendo la diagnosi dei disagi del paziente offre, se necessario, un aiuto farmacologico e psicoterapico, anche senza aver svolto la formazione in una scuola di psicoterapia. Dunque è un medico che dopo aver compiuto 6 anni di studi di medicina, ha fatto un’ulteriore specializzazione in Psichiatria per l’uso, in primis, degli psicofarmaci.
Lo psicoterapeuta, infine, è la figura professionale con la quale è possibile stabilire un’alleanza, definita “terapeutica”, attraverso la quale, considerando i bisogni e il disagio riportato, si definisce sia un percorso in cui la persona può alleviare i sintomi di cui soffre, sia sviluppare un nuovo modo di vivere. Lo psicoterapeuta è uno psicologo o un medico che ha alle spalle una scuola di specializzazione in psicoterapia della durata di 4 anni.
Molti ritengono che lo psicoterapeuta sia una persona con cui parlare, che più di altri sia capace di ascoltare. L’aspettativa è che egli possa dispensare buoni consigli, far svolgere degli esercizi mirati al cambiamento e fornire soluzioni ai problemi. Ma è veramente questo quello che accade nella stanza dello psicoterapeuta? Le competenze che egli dovrebbe possedere disattendono parzialmente queste aspettative: è indubbio che il terapeuta debba possedere la capacità di ascoltare e di sintonizzarsi emotivamente con lo stato d’animo della persona di cui si prende cura, ma contrariamente a quel che si pensa non è lo psicoterapeuta a dare l’antidoto ai mali del paziente. Egli fornisce diverse chiavi con cui accedere alle segrete della propria psiche: utilizzandole possiamo entrare in contatto con le nostre risorse e trovare nuove soluzione ai nostri problemi. Questa è una parte fondamentale del lavoro dello psicoterapeuta: rendere sempre più consapevoli e integrate le azioni, i pensieri e le emozioni, dando la possibilità alle persone di compiere delle scelte rispetto all’eseguire azioni automatiche e istintive.
L’esperienza ci induce a ritenere che siano necessari almeno 40 incontri a cadenza settimanale (circa un anno) per il raggiungimento di una decorosa consapevolezza.
Noi consigliamo, dopo aver scelto un professionista, di discutere in seduta dopo 3 mesi (una decina di incontri) l’andamento della terapia.
Possono esserci diverse strade da intraprendere per andare alla ricerca del nostro psicoterapeuta. Una prima chance può essere quella di svolgere una ricerca via Internet, dove si possono visualizzare i nominativi e le informazioni relative ai professionisti della salute mentale. A volte sono disponibili i loro curriculum, una loro foto e le descrizioni delle attività che caratterizzano la loro formazione. I forum posso risultare utili, ma non sempre ci si può basare su questi ultimi per effettuare la scelta. Una seconda via da poter percorrere è quella di chiedere a conoscenti, amici e parenti, i quali avendone fatto esperienza possono dare informazioni e ragguagli. La loro esperienza però non sarà indicativa di quella che sarà la nostra. Un’altra via da poter imboccare è rivolgersi al proprio medico di base, Asl e consultori.
Spesso capita che nel proprio ambiente lavorativo sia presente la figura del professionista della salute mentale al quale potersi rivolgere in caso di necessità (psicologo aziendale, psicologo della scuola o altro con qualifica di psicoterapeuta). Tuttavia può essere un bisogno della persona quello di allontanarsi dal proprio contesto di vita quotidiana e cercare in un altro luogo, paese o città, il proprio psicoterapeuta. Le motivazioni possono essere varie, ad esempio la percezione di essere in un ambiente poco protetto, giudicante e ostile, con dei pregiudizi verso questa figura e chi si rivolge ad essa per trarne benefici, o ancora più semplicemente perché questa segue un familiare o amico stretto. In ogni caso il diritto della riservatezza è “sacrosanto”.
È possibile che chi cerca un terapeuta non sappia della differenza tra i diversi approcci di psicoterapia disponibili. Gli approcci sono tanti. LeDoux (2015) li riconduce a tre macro aree che noi vi descriveremo in breve:
È possibile chiedere al nostro psicoterapeuta, anche nella fase del primo colloquio, quale sia il suo approccio al fine di vedere insieme se è in linea con le nostre esigenze. Se invece si ha una qualche idea di quale approccio si vorrebbe seguire, è possibile contattare direttamente le diverse associazioni di professionisti con diversi orientamenti psicoterapici. Queste solitamente hanno a disposizione una banca dati dei professionisti che si sono formati presso di loro. Esiste FIAP – Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia (http://www.fiap.info/) dove si possono raccogliere diverse informazioni sui vari modelli. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che la ricerca sostiene l’idea che la differenza non la faccia il modello, ma la persona.
Aspetto rilevante circa la figura dello psicoterapeuta riguarda le sue esperienze personali di psicoterapia dato che non tutti i modelli (o meglio le scuole) ne prevedono una. Se uno degli strumenti base della psicoterapia è la relazione (Wampold, B. E., & Imel, Z. E. (2015), e questa si basa ovviamente tra due interlocutori, sarebbe auspicabile che chi giuda il lavoro sappia qual è il suo funzionamento nella stessa. È esperienza di molti aver fatto più di una terapia, con professionisti diversi e con modelli differenti.
La scelta del terapeuta maschio o femmina è prettamente soggettiva. Possono entrare in gioco variabili come la somiglianza con le figure parentali o caregiver, e/o la preferenza per persone dello stesso sesso. Anche l’età incide sulla scelta: c’è chi pensa sia fondamentale affidarsi a terapeuti senior con tanta esperienza alle spalle e chi invece ritiene opportuno per sé scegliere un terapeuta giovane con una formazione recente. Tutto ciò non esclude che un giovane terapeuta non possa avere una valida esperienza alle spalle con le più recenti scoperte sulla psicoterapia così come un terapeuta anziano non abbia una formazione più all’avanguardia.
L’iter compiuto per approdare nello studio del nostro potenziale psicoterapeuta pone le basi per la nostra scelta. Tuttavia è la condizione necessaria ma non sufficiente per effettuare la decisione finale. Solo al termine del primo colloquio possiamo riscrivere quanto accaduto nella stanza del terapeuta e verificare cosa questa esperienza ci ha trasmesso. Alcuni aspetti del primo colloquio possono incidere, lasciare un’impronta nel cuore e nella mente, e nel momento in cui ricordiamo quell’ora possiamo notare le sfumature affettive che l’hanno colorata. La nostra scelta potrebbe essere orientata in base a queste sfaccettature:
Attenzione ai Santoni: è vero che il primo incontro con uno psicoterapeuta può essere magico – come sottolineano alcune evidenze scientifiche sui fattori aspecifici in psicoterapia (http://www.psicoterapiafunzionale.it/2016/02/il-lato-oscuro-dei-fattori-aspecifici-in-psicoterapia/) – ma è utile non farsi impressionare da questi primi risultati e tutelarsi da chi si atteggia da guaritore e grande risolutore di problemi.
Attenzioni ai Seduttori: da chi vi propone sin da subito incontri esterni allo studio, da chi si propone come amico, o vi elargisce favori esterni come eccessivi sconti sull’onorario, e infine, il più importante, che si offre ad avere rapporti sessuali.
Attenzione ai Comandanti: da chi vi dice ciò che è giusto o sbagliato consigliando la via più corretta da imboccare o che in qualche modo può farvi sentire manipolati nelle vostre scelte. La psicoterapia è un contratto tra pari, non dimenticatelo mai.
Attenzione ai Persecutori: non pensate che il vostro terapeuta sia autorizzato a maltrattarvi, anche se siete abituati, può capitare, a vivere emozioni negative nelle vostre relazioni interpersonali.
Sottolineiamo infine che, per quanto il comportamento di un terapeuta possa essere vicino ai nostri desideri, siamo noi a scegliere la direzione da seguire e dobbiamo solo essere bendisposti a farci prendere per mano e dipingere insieme un nuovo sentiero da percorrere.
In qualità di professionisti pensiamo che il primo obiettivo da perseguire sia di essere disponibili a questo incontro: si tratterà di capire che tratto di strada potremmo fare insieme con onestà a partire dalla domanda, esplicita ed implicita che ha portato a questo incontro e che tocca e smuove inevitabilmente delle nostre domande, antiche e nuove, dall’esito imprevedibile. Ogni primo colloquio ci incuriosisce per conoscere “quella” nuova persona e in questo rintracciamo spesso qualche buon motivo di gratitudine per quanto almeno implicitamente abbiamo imparato.
A tal fine ci auspichiamo di essere terapeuti vitali, che parlano onestamente, veri, autentici e in contatto con chi si ha dinanzi.
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-Burlingame, G. M., MacKenzie, K. R., & Strauß, B. (2004). Evidence-based small group treatments. Handbook of psychotherapy and behavior change (5th ed.). New York: Wiley.
-LeDoux, J. (2015). Anxious: Using the brain to understand and treat fear and anxiety. Penguin.
-Semi, A. A., (1985). Tecnica del colloquio. Raffaello Cortina Editore. Milano.
-Wampold, B. E., & Imel, Z. E. (2015). The great psychotherapy debate: The evidence for what makes psychotherapy work. Routledge.
Di L. Rizzi, A. De Bernardo e M.E. Garzia
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