SENSAZIONI, PENSIERI E PERCEZIONI NEI DISTURBI ALIMENTARI

I disturbi alimentari sono associati a difficoltà a gestire emozioni come la tristezza e l’irritabilità. Talvolta l’umore, associato con l’immagine del proprio corpo e con il comportamento alimentare, diventa allo stesso tempo la causa e la conseguenza del ripresentarsi e aggravarsi del disturbo. In altri termini, il non sentirsi soddisfatti del proprio corpo abbassa il tono dell’umore che, a sua volta, fa sentire ancora meno soddisfatti del proprio corpo e così via. I disturbi alimentari sono anche associati con l’ansia, in particolare con la paura di prendere peso, ma molti sperimentano ansia anche rispetto al cibo, alle situazioni sociali, o sono ossessionati dal sentirsi purificati, puliti. Così la maggior parte delle persone con diagnosi di disturbo alimentare nella loro vita sono state a criterio di un disturbo d’ansia od ossessivo compulsivo.

I disturbi alimentari sono associati anche a credenze rigide su cos’è la bellezza e che significato ha. Per le donne, la bellezza è associata con la magrezza, talvolta estrema. Nei maschi, la bellezza è legata all’essere muscolosi. Questi ideali di bellezza sono condivisi da molte persone, ma nelle persone con disturbo alimentare sono sostenute e portate avanti in modo molto rigido. Se viene loro chiesto quale corpo è più bello, quale persona è secondo loro più felice, chi vorrebbero essere, la loro scelta ricade rigidamente sulla persona più magra, non tenendo conto di altre variabili.
I pazienti con disturbo alimentare hanno pensieri di valutazione del loro corpo e del loro modo di mangiare, attribuiscono a questi pensieri un determinato significato e si soffermano su come mantenerli o modificarli. Ad esempio, quando il proprio corpo è valutato come grasso, allora significa che si è deboli, stupidi, senza speranza. Di conseguenza il pensiero successivo è come fare a cambiare questa situazione e ha inizio la pianificazione di come evitare questa particolare esperienza del proprio corpo e di sé. La stessa conclusione si presenta quando la valutazione è positiva: “Sono magro, allora sono forte, quindi devo mantenermi così e per fare questo devo evitare di…”.
I pensieri spesso sono legati al passato, rimuginando su cosa si è mangiato o sull’immagine allo specchio della mattina, o sul futuro, preoccupandosi di come ci si deve vestire, o cosa si deve mangiare, o come evitare di farlo in presenza di altri. Questi pensieri sono vissuti come utili a controllare il problema, nonostante facciano parte e alimentino il problema.
Il modo di pensare nei disturbi alimentari è categorico, bianco o nero, si è magri o grassi, vincenti o perdenti, amati o disprezzati.

Gli studiosi dei disturbi alimentari si sono accorti della difficoltà di percepire se stessi e il proprio peso da parte dei pazienti che rientrano in questa categoria diagnostica. Sembra, inoltre che le stesse persone che valutano se stesse come grasse anche quando visibilmente sottopeso siano, però, in grado di dare una buona stima del peso degli altri. Questa difficoltà nella percezione del proprio corpo sembra quindi legata ad una dissociazione dal proprio corpo, dall’ambiente, dal loro comportamento e dai loro pensieri, sentimenti e ricordi. I pazienti con disturbo alimentare possono talvolta affermare di faticare a riconoscersi allo specchio o di sentirsi estranei al mondo. Hanno poca consapevolezza di sé e non sanno descrivere quello che sentono, anche se osservabile dall’esterno. Possono anche richiamare ricordi molto dolorosi, senza sentirne la sofferenza. Quando è grave, la dissociazione può compromettere la percezione del tempo, dello spazio, della persona.

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